Jailbreak e altre storie, raccontate direttamente da Marco Germani, artista completo e di caratura

Jailbreak e altre storie, raccontate direttamente da Marco Germani, artista completo e di caratura

Straordinaria e interessante intervista oggi a Marco Germani, artista poliedrico che sta raccogliendo ampi consensi sulle piattaforme digitali e non solo. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Jailbreak, pubblichiamo con estremo interesse l’intervista a Marco Germani, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Affronteremo perciò aspetti musicali e di vita, Marco Germani si aprirà a noi con quelle che sono le collaborazioni, fra le tante, quelle con Sofia Bonardi, Diego Consiglio, Elisa Collimedaglia, Nove Nove studio, After Life Music Dimension, le esperienze, e i progetti futuri. Tuffiamoci in questo mondo speciale e diamo un caloroso benvenuto a Marco Germani!

 

Com’è nata tua la passione per la musica?

 

Ho iniziato a studiare chitarra classica a nove anni perché mio padre strimpellava ed era appassionato, poi un mio compagno di classe frequentava già un corso presso un’associazione che si occupava di musica dell’Ottocento, allora mia mamma mi portò e mi piacque subito, anche perché il nostro maestro ci faceva suonare insieme a aprivamo i concerti dei ragazzi più grandi: era tutto molto emozionante e gratificante e ho capito da subito il senso del sacrificio e della dedizione. La passione per la musica moderna invece arriva in piena adolescenza, con il desiderio di ribellione che mi davano il metal e l’hard rock. Scambiarsi dischi era un rituale che ogni giorno mi divertivo a fare con i miei carissimi amici. Cominciai a provare a suonare lo strumento elettrico e improvvisammo diverse garage band amatoriali che furono un’ancora di salvezza che mi ha tenuto lontano da brutti vizi che i miei coetanei cominciavano ad avere. Da quel momento la musica è sempre stata qualcosa che mi ha permesso di valere ed essere identificato, nel bene e nel male.

Descrivi “Marco Germani” e il suo personaggio, i suoi pregi e i suoi difetti.

 

Sono molto estroverso, comunicativo, un buon leader, ma anche estremamente lunatico e caotico.

Non mi piace impegnarmi in un solo progetto o avere a che fare sempre con le stesse persone: questo alle volte può essere interpretato come una mancanza di stima o di fiducia, ma non è assolutamente così, ho semplicemente bisogno di stimoli continui e credo che più hai dei collaboratori competenti, più impari. Sono anche molto determinato e non mi fermo davanti a nulla, nemmeno agli affetti che reputo sacrificabili per una buona causa, questo mi fa lavorare sempre e mi fa essere costantemente in contatto con tante persone. Diciamo che non stacco mai la spina se non per cause di forza maggiore e pretendo lo stesso da chiunque mi stia attorno, non credo sia facile da reggere, sopratutto per chi ha bisogno di prendersi delle pause o per chi suona con me.

A volte l’ispirazione ti coglie quando meno te l’aspetti. È stato così per Jailbreak?

 

Ho scritto il riff principale di Jailbreak durante il lockdown perché non potevo andare in studio e avevo solo una chitarra acustica in casa, poi l’ho immediatamente passato a Diego, Sofia e Riccardo per poterci lavorare, poco dopo sono riuscito ad installare una DAW su un portatile che utilizzavo per le lezioni e con una piccola scheda audio ho creato un arrangiamento più funzionale. I ragazzi hanno poi aggiunto le voci guida e delle idee sulla struttura, appena possibile ci siamo trovati per suonarla in sala ed è esattamente come l’abbiamo pensata, molto cruda e senza fronzoli.

 

Il lavoro è accompagnato da un video?

 

È una presentazione fotografica fatta dalla mia compagna Elisa Collimedaglia, che ha utilizzato foto scattatate da tutti noi durante le varie chiusure mentre facciamo lavoretti domestici alternate con foto scattate duranti i live pre-covid19, Riccardo ha avuto l’idea della foto alle sbarre del balcone che reputo geniale ed è diventata il simbolo del brano…

Il lavoro sarà contenuto in un EP/Album?

 

Per ora è un singolo, ma mi piacerebbe fare un piccolo EP ispirato dalla pandemia, abbiamo già due nuovi brani in cantiere: Resilience e Pandemia.

Cos’è per te l’arte, la musica?

 

Sono forme di espressione del pensiero umano, cultura pop e frammenti di storia. La musica e l’arte in genere documentano ciò che accade e lo fanno dal punto di vista dell’autore, che pur essendo estremamente soggettivo è molto prezioso, per questo esistono composizioni di una complessità pazzesca e brani molto semplici e diretti, l’ascoltatore saprà scegliere in base al suo gusto o desiderio del momento.

Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?

 

Dipende dal contesto in cui opero, se parliamo di inediti in genere mi piace ragionare sulla condizione umana, immaginare altre dimensioni, portare l’ascoltatore in trance, perché credo che la musica sia una porta che aumenta le percezioni sensoriali, poi quando si lavora ad esempio per un brano rock è anche giusto essere più diretti e trattare argomenti di cronaca, come nel caso di Jailbreak.

Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?

 

Trovate tutto quello che volete sotto al nome di Marco Germani su qualsiasi media-streaming, ci sono diversi videoclip particolari su YouTube, tipo Fractal, Sour Soul, Storing the Past.

 

 

Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?

 

Ho contratto il virus a febbraio e dopo tre settimane sono guarito senza alcuno strascico, ho conosciuto persone che purtroppo non sono state così fortunate. Credo però che si stia esagerando con la privazione delle libertà, perché è molto probabile che ci sia sotto un interesse da parte di pochi nel terrorizzare la popolazione mondiale, non sono un complottista e non nego l’esistenza del virus, ma ho sempre pensato che dietro a ciò che ci mostrano i media esistano altre realtà che speculano senza un minimo di umanità per fare cassa e che i governi siano vittime di pressioni molto forti essendo in parte indebitati con questa élite. Non trovo casuale che si sia voluto annientare il settore artistico, tutto il settore del wellness, i luoghi di aggregazione come cinema, teatri e locali e gambizzato scuole e settore educativo. È stata una ghiotta occasione per reprimere il pensiero creativo e la possibilità di scambiare opinioni per renderci più ignoranti e fobici, la cosa positiva è che è già stato fatto molte volte in passato da diversi regimi ma poi sono finiti tutti male. Gli uomini non accettano mai di essere schiavi per troppo tempo.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?

 

A 45 anni non sogni più, voglio solo essere concreto e consolidare ciò che ho creato negli anni, passando il testimone alle nuove generazioni. Combatto furiosamente contro una musica abominevole fatta da incapaci senza talento, contro persone che credono che suonare consista nell’avere più like e visualizzazioni sui social e contro una classa dirigente che pensa solo a fare affari con criminali e ai quali dell’arte e della musica non interessa nulla: si vede dalle trasmissioni televisive a indirizzo musicale e dagli artisti che emergono dai festival e dai talent (altra enorme rovina di questo secolo). Mi piacerebbe portare i ragazzi che suonano e collaborano con me in un piccolo tour all’estero per dimostrare loro che in questo paese sono bistrattati e snobbati, ma il mondo è grande e pronto ad accoglierli. Vorrei anche poter aumentare sempre più la qualità delle produzioni e degli spettacoli, dimostrando che chi si autoproduce può tranquillamente essere a livello di una major. Grazie per la vostra disponibilità e per l’intervista.

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